FAQ

OVVERO DOMANDE FREQUENTI

  CIRCA IL CONTRATTO

  CIRCA L’ORARIO DI LAVORO

  CIRCA LE POSSIBILI RISPOSTE

CIRCA IL CONTRATTO

Al momento della firma di un contratto questo cosa deve contenere?

Il contratto deve contenere la durata della prestazione lavorativa e la sua collocazione riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno specificate per iscritto. La mancanza o indeterminatezza nel contratto di tali elementi determina:

  • se l’omissione riguarda la durata della prestazione, il lavoratore può chiedere al Giudice che venga accertata l’esistenza di un rapporto a tempo pieno.

  • se l’omissione riguarda l’orario, il lavoratore può chiedere che il giudice determini le modalità temporali di svolgimento dell’attività lavorativa a tempo parziale con riferimento a quanto previsto dal Contratto Collettivo Nazionale

In entrambi i casi sopra evidenziati, il lavoratore ha diritto, per il periodo antecedente alla sentenza, in aggiunta alla retribuzione dovuta per la prestazione resa sulla base dell’orario accertato, anche ad un ulteriore emolumento a titolo di risarcimento del danno (questo deve essere espressamente provato.)

È obbligatorio diventare soci?

No, nel modo più assoluto. Ricordiamo l’Art. 2 della l. 142/2001: “I soci lavoratori di cooperativa:


a) concorrono alla gestione dell’impresa partecipando alla formazione degli organi sociali e alla definizione della struttura di direzione e conduzione dell’impresa;

b) partecipano alla elaborazione di programmi di sviluppo e alle decisioni concernenti le scelte strategiche, nonché alla realizzazione dei processi produttivi dell’azienda;

c) contribuiscono alla formazione del capitale sociale e partecipano al rischio d’impresa, ai risultati economici ed alle decisioni sulla loro destinazione;
d) mettono a disposizione le proprie capacità professionali anche in relazione al tipo e allo stato dell’attività svolta, nonché alla quantità delle prestazioni di lavoro disponibili per la cooperativa stessa.

In altre parole la condizione di socio implica diritti, doveri e responsabilità che si possono assumere solo per libera scelta. Tuttavia non è raro che, in sede di colloquio preliminare o al momento dell’instaurazione del rapporto di lavoro, si lasci credere al lavoratore il contrario al fine, solitamente, di assicurarsi una quota sociale.

La cooperativa è obbligata ad assumere ad un determinato livello?

Sì, l’Art. 2103 del Codice Civile è esplicito: “Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto” e se può dimostrare di essere stato adibito a mansioni superiori “il prestatore ha diritto al trattamento corrispondente all’attività svolta”; inoltre “l’assegnazione stessa diviene definitiva” a patto che non abbia avuto luogo “per sostituzione di lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto, dopo un periodo fissato dai contratti collettivi, e comunque non superiore a tre mesi.

Cos’è il Regolamento Economico Interno (R. E. I.)?

La l. 142/2001, regolamenta le “cooperative nelle quali il rapporto mutualistico abbia ad oggetto la prestazione di attività lavorative da parte del socio” (Art. 1); l’ Art. 6 afferma che “definiscono un regolamento, approvato dall’assemblea, sulla tipologia dei rapporti che si intendono attuare, in forma alternativa, con i soci lavoratori.”; il R. E. I. è quindi un patto che i soci di una cooperativa stabiliscono ed eventualmente modificano tra loro in assemblea; esso in ogni caso non può contenere condizioni peggiorative rispetto ai trattamenti retributivi ed alle condizioni di lavoro previsti dai contratti collettivi nazionali salvo per quanto riguarda l’elaborazione di un piano di avviamento dell’attività o di un piano di crisi aziendale.

Come posso conoscere l’importo degli assegni familiari cui ho diritto?

Il documento di riferimento è la circolare dell’I. N. P. S. del 13/06/2011 N° 83 “Corresponsione dell’assegno per il nucleo familiare. Nuovi livelli reddituali per il periodo 1° luglio 2011 – 30 giugno 2012” che si trova sul sito dell’INPS; scaricare l’allegato, che è ordinato in tabelle: ciascuna tabella corrisponde ad un tipo di nucleo familiare: trovato quello corrispondente al proprio caso basta incrociare la riga del reddito con il numero dei componenti il nucleo familiare.

N. B.: è chiaro che dovrebbe essere imminente la diffusione di una nuova circolare per il periodo Luglio 2012 – Giugno 2013.

CIRCA L’ORARIO DI LAVORO

Ogni mattina devo recarmi presso vari utenti a domicilio e vengo retribuita solo per il lavoro svolto mentre il tempo impiegato tra una casa e un’altra mi viene pagato con una percentuale fissa. E’ regolare? 

L’uso della percentuale, definita dalla coop, con o senza accordi sindacali, non è regolare: il tempo tra una casa e l’altra è tempo di lavoro e come tale deve essere retribuito. Per il lavoratore o la lavoratrice deve esserci la retribuzione dal momento in cui inizia il primo servizio a domicilio, fino al termine dell’ultimo intervento. L’orario di lavoro è il periodo nel quale il lavoratore è a disposizione della coop, quando il tempo non è più suo, quindi che ci sia la effettiva prestazione diretta è secondario (altro es. il tempo di indossare gli abiti da lavoro, se richiesti, è tempo di lavoro).

Che cos’è il lavoro supplementare?

Lavoro supplementare: è rappresentato dalla differenza tra l’orario part-time concordato tra le parti e e l’orario normale giornaliero (40 ore settimanali).

La regolamentazione del lavoro supplementare è rimessa alla contrattazione collettiva con la seguente particolarità:

  • Se il CCNL prevede e disciplina la facoltà del datore di richiedere la prestazione supplementare, non è necessario il consenso del lavoratore (si presume). Un eventuale rifiuto, tuttavia, non integra motivo legittimo di licenziamento.

  • Se il CCNL non prevede la suddetta facoltà è necessario il consenso del lavoratore, il quale può essere anche implicito.

Sono un lavoratore a part-time: mi hanno chiesto di lavorare alcune ore in più di quelle concordate; è legale?

Sì, è legale il fatto di chiederlo ma è facoltà del lavoratore accettare o meno; come recita il Decreto Legislativo 25 febbraio 2000, n. 61: “L’eventuale rifiuto dello stesso (lavoratore, n. d. r.) non costituisce infrazione disciplinare, ne’ integra gli estremi del giustificato motivo di licenziamento.

Che cosa sono gli straordinari?

Lavoro straordinario: si verifica quando viene superato l’orario di 40 ore settimanali.

Il lavoro straordinario nel part-time si può verificare solo quando sia raggiunto il tempo pieno e quindi solo nel part-time verticale o misto. In questo caso si applica la disciplina generale prevista per il tempo pieno.

Come funziona la banca ore?

La banca ore utilizzata indiscriminatamente dalle cooperative per regolare la prestazione lavorativa degli operatori è assolutamente illegittima.

Conseguentemente:
Se l’operatore ha un orario part-time di 20 ore settimanali e ne lavora 10, dovrà in ogni caso essere retribuito per le 20 ore previste dal contratto.

  •  Se l’operatore ha un orario part-time di 20 ore e ne lavora 40, dovrà essere retribuito per 40 (20 ore come lav. supplementare). Se la situazione persiste può chiedere che venga accertata l’esistenza di un rapporto di lavoro a tempo pieno (vedi sopra).

  • Il lavoratore può inoltre rifiutarsi di eseguire la prestazione supplementare senza incorrere in sanzioni.

 

La mia cooperativa mi ha assunto a progetto prima di passarmi definitivamente a tempo indeterminato, è una cosa lecita?

Sono molto pochi i contratti a progetto che si possono ritenere tali. La stragrande maggioranza di questi sono un effettivo rapporto di lavoro subordinato. Quindi il lavoratore può richiedere che “il tempo indeterminato” sia conteggiato dal primo contratto a progetto stipulato con la cooperativa, con relativi arretrati e scatti di anzianità. Ne consegue che una lavoratrice assunta a progetto nella maggior parte delle occasioni possa richiedere davanti ad un giudice che venga riconosciuta l’effettiva subordinazione del proprio rapporto di lavoro e la relativa stipula di un contratto a tempo indeterminato.

Le ore di formazione organizzate dalla Cooperativa devono essere retribuite?

Si tratta evidentemente di cosa differente dalle 150 ore di diritto allo studio. Il CCNL non si pronuncia sull’argomento che viceversa alcune Cooperative trattano nel proprio Regolamento Economico Interno (R. E. I.); è quindi evidente che la scelta è a discrezione dell’Assemblea dei soci.

Svolgo degli interventi individuali presso istituti scolastici. Capita, sempre più spesso, che alcuni interventi saltano per l’assenza dalla scuola dell’utente oppure che mi ritrovo con dei buchi tra una lezione e un’altra. La cooperativa mi paga solo le ore di intervento con l’utente, mentre in caso di buchi o di assenza del ragazzo niente paga. E’ possibile?

Quando si è assunti regolarmente da una cooperativa, si firma un contratto di lavoro che vincola te a prestare un certo numero di ore alla settimana ma vincola la cooperativa a garantirti quelle ore e il loro pagamento. I buchi nella giornata non possono essere un “rischio” della lavoratrice o del lavoratore ma devono essere, invece, un “rischio di impresa” (e le coop sono delle imprese). Spetta, quindi, alla cooperativa preoccuparsi di organizzare il lavoro in maniera tale da garantirti comunque lo svolgimento delle tue ore settimanali e se non riesce in questo, è tenuta comunque a pagare le tue ore anche se non vengono lavorate. Basti pensare che la parola “lavorare” non significa solo e semplicemente essere a contatto con l’utente ma, come sai, contempla anche altre attività: progettazione, formazione, verifica, etc…

Nella programmazione dei turni mi hanno inserito delle pause di mezz’ora o di un’ora. E’ regolare questo?

L’organizzazione dei turni è un classico potere delle direzioni aziendali, ma ci sono dei limiti di legge e di correttezza: se la pausa coincide  con i pasti potrebbe essere regolare, ma se risponde solamente ad un buco “organizzativo” della cooperativa allora non è regolare. Non si possono considerare vere pause quelle che non consentono effettivamente al lavoratore di essere “libero” dal lavoro (es. mezz’ora può bastare per un pasto veloce) ma se le interruzioni sono ripetute e ad orari e con durate non realmente utilizzabili (es. non riesci ad allontanarti veramente dal luogo di lavoro, non puoi ritornare a casa o altro) allora sono contestabili e devono essere eliminate o retribuite.

Sono una operatrice di una residenza. I miei turni di lavoro cambiano sempre e a volte con un preavviso di pochi giorni. Per questo non riesco a organizzarmi per i miei impegni privati e per seguire un corso di lingue al quale sono iscritta. Possono farlo?

Il tempo di lavoro non deve invadere l’intera vita della persona perciò la programmazione dei turni e degli orari di lavoro deve essere di norma regolare. Di norma significa che ci possono essere eccezioni ed emergenze che però non possono essere la regola. Si ha diritto, quindi, a turni ben stabili con una rotazione tra fasce di lavoro prevedibili nel tempo (es. mattina, pomeriggio, notte, riposo e giornata libera). In questa maniera chiunque può prevedere, calendario alla mano, il proprio turno di lavoro dei mesi successivi.

Sono stato assunto in un centro diurno per sostituire gli altri operatori assenti per ferie o per malattia. La coop mi chiama spesso al mio cellulare, anche con poche ore di preavviso, per assegnarmi turni, spesso diversi, in base alle esigenze di copertura del servizio. Sono condannato a questo tipo di vita?

Molti lavoratori, chiamati solitamente “jolly” o“sostituti”, subiscono questo tipo di organizzazione molto diffusa nelle coop. ma si tratta, di fatto, di un contratto “a chiamata”, introdotto ufficialmente dalla Legge 30/2003 ma che le coop. praticano da sempre fuori dalla legge. La prima cosa da sapere è che il lavoro a chiamata non è una forma contrattuale prevista dal CCNL di lavoro; la seconda è che il lavoro a chiamata prevede delle indennità e delle regole che non troviamo nel lavoro di sostituzione; la terza è che la disponibilità ad essere rintracciabili per prendere servizio fuori dai propri turni deve
prevedere l’applicazione di una indennità (per i periodi di disponibilità telefonica e di presa di servizio) e un tetto massimo di giornate (reperibilità). Di fatto è un periodo in cui si viene spremuti, se possibile anche più degli altri, con il miraggio di vedere, prima o poi, riconosciuto un diritto di precedenza ad un turno fisso e regolare. Ma è un fidarsi. Resta il fatto che è una condizione totalmente irregolare anche se diffusissima.­

Da qualche mese ho ottenuto la mobilità presso una residenza psichiatrica. Con mia sorpresa mi hanno comunicato che le ore notturne non mi saranno pagate perché di solito l’utenza dorme tranquillamente. Mi sembra un assurdo visto che non sono a casa mia o in giro con i miei amici.

Il CCNL prevede una forma di “reperibilità con residenza in struttura” e troviamo cooperative che in maniera molto disinvolta e con la compiacenza dei sindacati firmatari del CCNL, utilizzano questa norma per non pagare le ore di lavoro notturno riconoscendo una indennità fissa mensile. Bisogna sapere, però, che la norma contrattuale è una sorta di deroga al principio generale del pagamento delle ore normali (immaginiamo il caso di un operatore che viva in una comunità rurale come una sorta di inquilino custode). Infatti per applicare la norma dell’indennità fissa, bisogna avere un accordo con i sindacati che autorizzi, servizio per servizio e non genericamente una tipologia di servizi, l’utilizzo di questo trattamento contrattuale. Se la coop. è stata autorizzata sapete con chi prendervela.

Ho un contratto di 36 ore settimanali quindi part-time visto che il tempo pieno è di 38 ore. Il problema è che non sempre i miei turni settimanali coprono tutte le ore del contratto e la cooperativa mi segna le ore non lavorate come ore da recuperare o non pagate.

Funziona così?

Si intrecciamo diversi problemi: affrontiamone i principali. Intanto, come detto sopra, le ore da contratto di assunzione devono essere pagate e se l’organizzazione dei turni non copre il monte ore, il problema non deve essere solo tuo. Non esiste, infatti, contrattualmente un “recupero negativo” ma è solo una pratica diffusa delle cooperative. Il contratto nazionale prevede, in realtà, solo il recupero positivo delle ore lavorate in più oltre l’orario di lavoro (es. lavoro di meno questa settimana perché sto recuperando le ore in più fatte la scorsa settimana).

Sono assunto come part-time a 30 ore ma da sempre ne lavoro 36 e le ore lavorate in più mi vengono pagate con una maggiorazione. Mi conviene rimanere part-time a 30 ore o chiedere l’aumento dell’orario di lavoro a 36?

Meglio chiedere il riconoscimento dell’orario a 36 ore perchè la maggiorazione che prendi per le ore fatte oltre il tuo contratto non sono propriamente una maggiorazione come per il lavoro straordinario
ma sono una indennità che serve solo per far “sparire” le ore fatte in più dai calcoli sulle tutte le altre voci contrattuali e di legge. E’ una specie di condono: ti pagano subito il 27% in più per non far pesare quelle ore in nessun altra
voce (malattia, 13°, ERT, TFR ecc…)

Sempre più spesso, dicendomi che ci sono troppe persone in turno, mi obbligano a prendere due, tre ma anche una sola giornata di ferie senza però concordarle con me. Possono obbligarmi e scegliere solamente loro i giorni?

L’organizzazione delle ferie dovrebbe essere argomento di contrattazione sindacale. In pratica le ferie sono “obbligate” se il tuo servizio chiude; negli altri casi i periodi sono frutto di accordi tra coop. e lavoratori (la regola è che metà ferie le sceglie “di più” la coop e l’altra metà le sceglie “di più” il lavoratore). Il dubbio da te sollevato è invece diverso: le ferie sono un periodo irrinunciabile di recupero psico-fisico.
Prenderne due, tre o un solo giorno non rispetta (come quantità di giornate libere) il senso fondamentale delle ferie. Il periodo delle ferie deve essere abbastanza lungo per recuperare energie (dieci, quindici giorni almeno). Spezzare le ferie in piccoli periodi è un danno (biologico è il termine esatto) per il lavoratore e non è permesso.

CIRCA LE POSSIBILI RISPOSTE

Quanto tempo ho a disposizione dall’avvenimento per poter far valere i miei diritti davanti ad un giudice?

Si hanno 5 anni di tempo per poter intentare una causa prima della prescrizione dell’illecito, ne consegue che puoi richiedere i danni arretrati di situazioni subite nei cinque anni precedenti anche se di fatto non sussistono più.

PER ULTERIORI INFO SCRIVI A: usi-cit_coopsociali@anche.no