RICONOSCIUTA L’INDENNITA’ DI REPERIBILITA’ PER I SERVIZI CIMITERIALI CHE LA COOPERATIVA SOCIALE DI PESARO TKV NON HA MAI VOLUTO REMUNERARE.
A seguito del ricorso presentato dall’Avvocato Raffaele Sebastianelli di Corinaldo, la Corte di Appello di Ancona dà ragione a Nicola Cesarano, operaio cimiteriale presso la Cooperativa sociale TKV (iscritto all’USI e da questa sostenuto), disponendo il pagamento di tutte le ore di reperibilità effettuate nei servizi cimiteriali affidati in appalto dal comune di Senigallia alla citata “Kooperativa”.
Nel periodo da settembre 2011 a gennaio 2013 il lavoratore infatti aveva svolto il servizio di reperibilità per l’eventuale recupero di cadaveri da incidenti su strada o su binari nel più breve tempo possibile dal momento della chiamata (servizio obbligatorio previsto dal capitolato di appalto con il Comune di Senigallia) che però non gli era mai stato indennizzato come invece previsto dal contratto nazionale delle Cooperative Sociali.
Mentre la TKV sosteneva che la risposta alla chiamata urgente non era obbligatoria poiché il lavoratore in turno di reperibilità avrebbe potuto rifiutarsi, è stato invece ribadito che la reperibilità (in quanto disponibile a rispondere all’urgenza) deve essere retribuita nella misura prevista dal’ art. 57 del CCNL delle Cooperative sociali in vigore nel periodo considerato, e cioè 1,55 € all’ora. Esisteva infatti un sistema di turnazione per l’esplicazione del servizio ugente per il recupero salma. In caso di rifiuto infatti di tutti i lavoratori ad aderire alla chiamata urgente la TKV si sarebbe esposta all’inadempimento del contratto di appalto con conseguente responsabilità contrattuale per danni nei confronti della stazione appaltante, cioè il Comune di Senigallia. Recita infatti la sentenza: “Diversamente la predisposizione di un sistema di turnazione con relative tabelle di lavoratori turnisti non avrebbe alcun senso”.
Il ricorso in appello viene parzialmente accolto in quanto non tutte le ore di reperibilità espletate verranno indennizzate poiché tale servizio poteva avere giornalmente “… una durata massima di 12 ore e minima di 4” limite abbondantemente superato da Nicola Cesarano e gli altri, in quanto il servizio doveva essere articolato nelle 24 ore, domeniche e festivi compresi.
Una giusta sentenza che fa riflettere: conoscere il proprio contratto di lavoro, e quindi i propri diritti, è una necessità, per rifiutarsi di cedere ai molti, troppi ricatti a cui spesso i lavoratori cedono per paura e/o ignoranza.
Una importante sentenza che aprirà nuove prospettive sull’utilizzo ancora scorretto che viene fatta della reperibilità da parte di molte “cooperative sociali”. Si pensi ad esempio alle cosiddette e impropriamente denominate “notti passive” retribuite 5,16 € forfettariamente a notte (!) e il presunto incostituzionale “obbligo di residenza nella struttura” (la “residenza” è un istituto giuridico che si chiede al Comune, e non una invenzione dei confederali adottata a uso e consumo delle – loro – false kooperative…). L’unico obbligo di residenza che io conosco è quello del comune in cui si lavora, e anche quello non sempre, se la distanza non comporta disservizio e il datore di lavoro lo consente…
Però, cari ragazzi, è ora che vi svegliate: sono cose che non si possono sentire e non devono esistere. E’ necessario lottare, non solo per rivendicare i (pochi) diritti esistenti, ma anche e soprattutto per ricostituire quelli cancellati in questi ultimi vent’anni.
Mariella Caressa