Le cooperative non riconoscono i titoli degli educatori

La drammatica situazione a cinque anni dalla promulgazione della legge 205/2017

La categoria degli educatori è poco conosciuta ed ancor meno apprezzata, a cominciare dall’aspetto economico; eppure le figure che garantiscono continuità di intervento a più di tre milioni di persone (Istat, 2019) disabili e svantaggiate – e alle loro famiglie – nella scuola, nel mondo del lavoro, nelle residenze o a domicilio, siamo noi. Ebbene, con la legge Iori 205/2017 per svolgere il lavoro di educatore e educatrice è obbligatorio possedere un titolo di laurea in scienze dell’educazione e della formazione (L-19 o equiparato). Per “tutelare” coloro che, pur senza laurea specifica, erano in servizio nelle istituzioni socioeducative, in alcuni casi anche da decenni, sono stati istituiti corsi di qualificazione in modo da fargli ottenere i 60 CFU richiesti e permettergli così l’equiparazione con chi ha il titolo accademico. In pratica hanno dovuto pagare per ottenere una qualifica che gli permettesse di fare il lavoro che facevano da anni. Ci sono poi coloro che che secondo la legge Iori hanno diritto al riconoscimento del inquadramento quali educatori titolati – livello D2 secondo il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro delle Cooperative Sociali – per età anagrafica (uguale o superiore ai 50 anni) ed anzianità lavorativa (20 anni).

Le cooperative sociali quasi mai riconoscono questi titoli (né la laurea, né il corso da 60 CFU, né tanto meno l’anzianità di servizio) con il conseguente risparmio economico e mortificazione dei lavoratori a cui non viene riconosciuto quello per cui hanno studiato e/o le proprie competenze maturate. Continue reading

Appello in solidarietà e sostegno al movimento degli studenti/studentesse

Gli/le studenti/studentesse medi in questi ultimi mesi con le loro lotte hanno rimesso all’ordine del giorno la pessima condizione del sistema scolastico, rivendicato un reale diritto allo studio e contestato le politiche del governo Draghi.

Lo hanno fatto con occupazioni e manifestazioni che hanno percorso le nostre città, mettendo sotto accusa il fallimento della scuola dei Presidi Manager e accusando giustamente il Ministro Bianchi e il Governo Draghi di continuare a sostenere il primato di Confindustria sul diritto all’istruzione pubblica.

La politica della scuola, dell’università e della ricerca progettata dall’UE e dal Governo Draghi, continua a negare le necessita generali, come dimostra la sostanziale consegna dei Fondi PNRR alle imprese.

In questo contesto la morte del giovane Lorenzo, studente apprendista di un istituto professionale di Udine, sintetizza drammaticamente l’attuale modello formativo, che antepone le esigenze dell’impresa alla sicurezza del lavoratore/lavoratrice sia esso studente/studentessa o di professione.

Bene hanno fatto gli studenti e le studentesse a scendere nelle piazze per dire basta ai PCTO e alla formazione Professionale impostata sugli interessi padronali e non sul diritto allo studio e alla sicurezza.

Salutiamo e auguriamo un ottima riuscita alle giornate di mobilitazione e di assemblea nazionale indette dal movimento studentesco per il 5, 6 febbraio.

Sono passati due anni dalla pandemia che ha messo ancor più in evidenza cosa ha prodotto con i suoi tagli sulla scuola il primato dell’impresa.

Nessuna risposta concreta è stata data alle rivendicazioni di studenti/studentesse, insegnanti e personale ATA che chiedono edifici scolastici moderni, sicuri e vivibili, aumento degli organici, aumenti salariali, investimenti per il sostegno allo studio e un orientamento di studio che risponda all’esigenza di emancipazione sociale e non la neghi.

Alle richieste degli studenti7studentesse, espresse anche in forme conflittuali come è nella storia dei movimenti politici e sociali vincenti, il Ministro e il Governo hanno opposto l’ottusità del potere.

Silenzio, manganellate e una raffica di pesanti provvedimenti disciplinari che preludono alla perdita dell’anno scolastico e cosa gravissima in alcune scuole sono stati accompagnati dall’imposizione al lavoro coatto.

Le nostre organizzazioni sindacali esprimono solidarietà e sostegno agli studenti/studentesse e invitano i lavoratori e le lavoratrici a opporsi a questa logica securitaria e repressiva, lontana e opposta alle problematiche reali sollevate.

Come nelle migliori stagioni della storia, gli studenti/studentesse hanno posto la necessità di una relazione stretta con il movimento dei lavoratori e delle lavoratrici, come legame fondamentale per resistere e rivendicare un futuro di progresso umano e sociale.

Non ci serve una scuola che educhi all’ubbidienza contro le ingiustizie e le iniquità sociali, quella serve ai padroni, piuttosto lavoriamo ad una scuola che metta insieme istruzione, coscienza critica ed emancipazione sociale.

Buona lotta !!

CONFEDERAZIONE COBAS – COBAS SARDEGNA – CUB – SGB – UNICOBAS – USB – USI CIT

LA “BUONA SCUOLA” È BUONA PER MORIRE

Apprendiamo con sgomento e rancore della morte di Lorenzo Parelli, ragazzo di 18 anni ucciso dalla logica del profitto di aziende che si servono di manodopera gratuita, gentilmente offerta dalle scuole, in virtù delle riforme scolastiche degli ultimi anni.

Se ogni lavoratore e ogni lavoratrice che non torna a casa vivo/a dal proprio lavoro  (sono 4 ogni giorno) grida vendetta, la morte di uno studente (perché Lorenzo questo era, uno studente) avvenuta mentre impegnato a lavorare in una carpenteria metallica è qualcosa che fa ribollire il sangue nelle viscere.

Carne da macello mandata a morire. Questo siamo. Questo sono i lavoratori e le lavoratrici. Questo sono gli studenti e le studentesse.

Perché il profitto val bene qualche vittima. Questo stiamo insegnando ai giovani scolari. Guai a denunciare questa cosa, però. Lo sanno bene gli studenti e le studentesse scesi/e in piazza domenica 23 a Roma per esprimere il proprio disgusto per questa morte inaccettabile e tornati/e a casa con le teste rotte dai manganelli della polizia.

Siamo al loro fianco, lo saremo venerdì nelle mobilitazioni studentesche a carattere nazionale. Mobilitazioni alle quali invitiamo tutti e tutte a partecipare, studenti e lavoratori uniti. Perché se la buona scuola è un incubo, se i morti sul lavoro sono un incubo, che questo incubo lo vivano i nostri oppressori.

Per un mondo, per una scuola, senza sfruttati e sfruttatori. 

Segreteria USI – CIT

USI-CIT  Educazione

Volantino: La “buona scuola” è buona per morire

PER UNA SCUOLA TRASFORMATIVA DELL’ESISTENTE

La tanto attesa riapertura delle scuole, in piena emergenza Covid-19, ha puntato la luce su ciò per cui le istituzioni non hanno mai trovato una soluzione concreta: le endemiche difficoltà e criticità del sistema scolastico.
Al tempo stesso, l’attuale situazione sanitaria ha generato innumerevoli domande sulle possibilità di fare scuola con metodi e strumenti differenti.
La scuola intesa come educazione e non come istituzione, dovrebbe essere uno spazio aperto in cui tutti i soggetti coinvolti (studentesse e studenti, genitori, lavoratrici e lavoratori) possano concorrere alla creazione di momenti di crescita personale e di discussione critica in un rapporto paritario e antiautoritario. Continue reading

PER UN’ALTRA EDUCAZIONE, OLTRE LA PANDEMIA DEL POTERE

Una cosa è certa in questi tempi di crisi sanitaria ed economica: la scuola, l’educazione, i bambini e i ragazzi, le famiglie, gli insegnanti e gli educatori non sono una priorità per il governo.
Ad oggi ci sono almeno 40.000 studenti mai raggiunti dalla didattica a distanza, con una media di 2 persone per classe. Ancora una volta la scuola di stato è classista e ineguale, ma in un contesto come questo risulta ancora più evidente.
Anche per coloro che sono stati raggiunti da questa “rivoluzione  telematica”, però, la situazione non è omogenea. Si pensi alle famiglie con strumenti culturali o linguistici che non sempre permettono di aiutare e sostenere i ragazzi nell’apprendimento o ai nuclei con più figli, tutti chiamati all’appello della didattica a distanza. Cambiando l’ordine delle cose, insomma, il risultato rimane il medesimo: la forbice dell’ineguaglianza si apre sempre di più.
Senza dimenticare che i fortunati, quelli che possiedono strumenti culturali e digitali, si ritrovano comunque a gestire una situazione di fronte a cui è fin troppo semplice ritrovarsi emotivamente disarmati. In uno scenario fragile, in cui il corpo della paura ha sostituito la presenza di chi ci stava accanto, la scuola è stata presa e replicata uguale a se stessa. Continue reading

CARA SOCIETÀ DOLCE…

ATTINGERE AL TFR? REGALARE FERIE E PERMESSI? NO GRAZIE

Riteniamo che l’impegno dichiarato dalla cooperativa sociale Società Dolce ad adoperarsi per il reingresso al lavoro dei dipendenti in FIS non possa poggiare su basi concrete in quanto in questo momento non le prossime settimane ma i prossimi mesi se non il prossimo anno non offrono alcuna certezza di lavoro, di diritti e di stipendio ai lavoratori del sociale; per le stesse ragioni ritiene inaccettabile che proponga ai propri dipendenti di dar fondo al proprio TFR e di donare ferie e permessi ai colleghi in FIS cioè più bisognosi anziché battersi perché il FIS, evidentemente calcolato notevolmente al ribasso, copra il 100% delle ore non lavorate e ne sia garantita l’erogazione nel mese corrente senza contratti capestro con le banche; infatti l’accordo denominato “CONVENZIONE IN TEMA DI ANTICIPAZIONE SOCIALE IN FAVORE DEI LAVORATORI DESTINATARI DEI TRATTAMENTI DI INTEGRAZIONE AL REDDITO DI CUI AGLI ARTT. DA 19 A 22 DEL DL N. 18/2020” prevede al punto 6 la possibilità di “mancato accoglimento della richiesta di integrazione salariale, ovvero allo scadere del termine dei sette mesi di cui al punto 3 qualora non sia intervenuto il pagamento da parte dell’INPS, la Banca potrà richiedere l’importo dell’intero debito relativo all’anticipazione al/la lavoratore/trice che provvederà ad estinguerlo entro trenta giorni dalla richiesta.” E “(…) a fronte dell’inadempimento del lavoratore, il datore di lavoro verserà su tale conto corrente gli emolumenti e tutte le componenti retributive spettanti al lavoratore, fino alla concorrenza del debito.” Se e come il datore di lavoro si rivarrà sul dipendente non è dato sapere.

Per questi motivi invitiamo i lavoratori a non aderire alla richiesta di Società Dolce ed alla stessa Cooperativa sociale a ritirarla.

La segreteria